La vita nel cason-Il Cason di Piavon
La vita nel cason
Vita all’interno al cason Dentro al casone, tutti tossivano, tutti camminavano gobbi e tutti si asciugavano gli occhi, umidi, rossi e come rugginosi per via della coltre di fumo che ristagnava perenne ed impenetrabile ad una certa altezza. Il fumo e la fame erano sempre presenti dll’interno del cason. Si mangiava veramente poco, ci si avvicinava con il piatto al fogher per una fetta di polenta: polenta bianca, calda, tutta gocciolante di lardo fritto. La fame rimaneva ad aspettare tutta la notte acquattata nei sogni, per azzannarti le viscere appena ti svegliavi. Allora tracimava, torbida, infiltrandosi negli interstizi più nascosti del corpo, negli anfratti più bui della mente, come un fiume in piena. La fame corrodeva ogni cosa, come una ruggine, per poi passare ai figli, e ai figli dei figli, come un debito mai pagato. D’inverno non c’era che il gelo e la fame da dividere con gli altri animali.
« Ho fame, ho fame! Mangia curame! Non ce né. Ce n’è un pezzettino. Dammelo a me che sono il più piccolino »
In estate tutto era più facile di erbe ne crescevano di tutti i tipi, dal tarassaco al luppolo, dagli asparagi selvatici all’erba medica. Per le uova bastava tenere d’occhio i nidi. Le lumache, le rane e i lucci si prendevano ancora, nei fossi, anche dopo le bonifiche. Quando non si trov ava proprio niente, c’era, comunque la gramigna bollita con le foglie degli olmi, il sorgo, la segale. Per fare un minestrone, o impastare un pane, qualcosa si trovava sempre.
<< Proprio oggi doveva partorire! Proprio oggi! Con la notte da lupi che vien avanti. Guarda quà Mariavergine! Vien dentro la neve dal cuert. Vien giù la neve dalle fessure tra le canne. Luce non ne veniva che dal buco tutto incatramato di fuliggine sul tetto e dal pallido fuoco sul camino. Il tramestio delle ombre, proiettate dal fuoco sulle nude pareti del coson. I bambini , fino a quel momento appolaiati nel sulle assi del fienile, alle urla delle donne rotolarono giù, sino all'impiantito di terra battuta, e con uno scalpiccio furioso di zoccoli si dispersero per la campagna. Erano uno vicina all'altra madre e figlia abbraciate vicino al tepore del focolare, dove arbusti e canne continuavano a far più fumo che caldo. Maria rovesciò la crigoa delle galline , che con quel freddo non erano mai uscite da cason, e la mise sulle ginocchia di Agata, per poterci appogiare la bambina>>.
Tratto dal libro Mala aria di Antonella Benvenuti