Nel 200 a.C. i Romani sottomisero le genti
venete; costruirono strade, città militari e sistemarono
le campagne rendendole fertili. Al tramonto dell’impero
romano seguirono le invasioni barbariche che
saccheggiarono e decimarono le popolazioni.
La prima vera conferma che le dimore dei Veneti
erano costruite con intreccio di vimini e terra
inumidita ci viene fornita da una lettera che Cassiodoro
nel 500 d.C. scrisse ai tribuni marittimi veneziani
nella quale in particolare si legge: “... con vimini flessibili legati tra loro
ai quali veniva data solidità aggregando la terra del
luogo…".
Durante il periodo della Serenissima i ricchi
patrizi veneziani videro l'opportunità di lauti guadagni
acquistando, con i capitali ricavati dal loro commercio, zone paludose e
malsane dell'entroterra rendendole produttive con la
bonifica, con l'irrigazione e con
l'introduzione di nuove colture provenienti da oltre
Oceano. Per garantirsi la manodopera concedevano ai
braccianti agricoli un pezzetto di
terra per costruirvi le case,
casoni coverti de paia ,
che
s’affacciavano sul
cortivo dove si trovavano l’orto e il pozzo.
Il cibo era a base di mais, legumi,
formaggio e casualmente pesce. La fame, comunque, era una
presenza costante nella vita della gente dei casoni, causata
a volte da
epidemie degli animali, dalla grandine e dalle
frequenti inondazioni.
Nel 1930 la Prefettura di Venezia ordinò la
soppressione delle case di paglia per migliorare le
condizioni igienico-sanitarie delle popolazioni
contadine. Si trattava di persone che appartenevano ad
un settore sub-sociale, el pisnènt,
colui che non
era considerato un essere umano ma semplicemente “le
braccia”, un mezzo di lavoro.