Visita al casone di Piavon
Martedì 9 marzo noi alunni delle classi quinta
e terza di Chiarano siamo andati a visitare con molto entusiasmo il casone
di Piavon.

Appena
arrivati abbiamo ammirato la rustica abitazione dove ci aspettava una
guida che si è presentata e ci ha spiegato il significato della
parola; tale parola significa casa umile e rurale.
La prima casa dei Veneti erano capanne a forma circolare costruite con
le canne, poi assunsero la forma ovale e dopo quella rettangolare o quadrata
con i muri perimetrali fatti di mattoni dargilla cotti al sole,
così nel Medioevo si diffusero i casoni in muratura.
Durante il periodo della Serenissima i ricchi veneziani acquistarono nellentroterra
zone malsane e paludose, le risanarono e le fecero lavorare ai braccianti,
questi potevano costruirsi dei casoni per abitazione.
Successivamente lesperto ci ha spiegato che non si sa di preciso
chi, tanto tempo fa, costruì il casone e chi labitò
inizialmente. Nel 1768 divenne proprietà dei Bonamico, poi dei
Conti Revedin. Nel 1881 venne acquistato dal barone Rechsteiner; dal 1934
fu abitato dalle famiglie, prima Bertola e poi Pasqualinotto .Il casone
fu disabitato a partire dal 1967; nel 1982 diventò proprietà
del comune di Oderzo.
Poi abbiamo osservato la muratura del casone, realizzata con dei mattoni
dargilla cotta. Su di essa si aprivano delle finestre che erano
piccole in modo da non fare entrare il calore in estate e il freddo in
inverno.
Il tetto del casone, era formato da un grosso strato
di cane incastrate tra loro in modo da renderlo più solido, nel
corso degli anni è stato aggiunto a esso un altro strato di canne
in modo che si conservasse.
Allestremità del tetto cera unapertura dove fuoriusciva
il fumo del focolare.
Il casone aveva una struttura
tricellulare. Le stanze erano piccole e buie.
Quella ad est era la stanza dei bambini, poi adibita a stalla, quella
in mezzo la cucina e quella ad Ovest era la stanza da letto dei genitori.
Il focolare era costruito verso occidente per fare in modo che il vento
che spirava da Nord-Est non spingesse il fumo allinterno del casone
e che provocasse incendi.
In seguito abbiamo percorso le scale che portavano nellampio sottotetto
costruito con capriate in legno.
Esse avevano più di 300 anni, abbiamo notato che erano tarlate,
di acacia e disposte a capanna.
Le strutture secondarie, di abete, formando un reticolo sostenevano il
tetto fatto di canne.
Quest ultime con le loro scanalature permettevano lo scorrimento
dellacqua piovana senza che essa stagnasse.
Le canne erano disposte in mazzetti da venticinque, legate con i rami
sottili e flessibili del salice, il primo strato era disposto allinsù,
il secondo strato allingiù e così via
permettendo così una maggiore impermeabilità e compattezza
del tetto.

Abbiamo notato anche labbaino, una struttura del sottotetto con
unimposta di chiusura, per dar luce ed aria al solaio e per permettervi
laccesso dallesterno; labbaino occupa tutta la parete
Sud del casone. Originariamente il tetto era in strame.
Il pavimento del sottotetto era in legno di gelso molto antico.
Si notavano anche delle graticole in legno di acacia, avevano una forma
rettangolare e servivano per allevare i bachi da seta, che si alimentavano
con le foglie del gelso.
Le graticole in dialetto veneto vengono chiamate grisoe.
Successivamente la guida ci ha fatto vedere degli oggetti fatti a mano
con materiali naturali.
Abbiamo notato subito una palla di legno con la quale i bambini giocavano
a bocce, cera una frusta che serviva per incitare i buoi, anche
uno scaldaletto di legno chiamato in dialetto monega,
allinterno ci mettevano le braci dette bronze.
Si notava anche un rastrello, una falce senza lama, cerano antiche
unità di misura del terreno, una piccola e una grande.
Si notava un vecchio corno di toro dove si metteva loggetto con
cui si affilavano le lame.
Cera anche un attrezzo con il quale tagliavano lerba e le
canne.
Lesperto ci ha raccontato che i materassi dei nostri antenati erano
formati da scartozzi
cioè delle bratee delle pannocchie, nella cucina cera una
lampada a petrolio, uno scolapasta e una pentola di rame.

Allesterno abbiamo ammirato alcuni attrezzi in metallo tra i quali
un aratro. Si notava un antico morer
cioè un gelso che aveva circa centoventi-centoventicinque anni.
Il cason era circondato da dei cespugli
di acero campestre.
La visita al casone di Piavon di Oderzo ci ha fatto capire quanto siamo
fortunati ad avere nella nostra zona un reperto storico di circa 300-400
anni.
Questa visita per noi è stata come un viaggio indietro nel tempo
che ci ha aperto gli occhi su come vivevano i nostri antenati.
Questi facevano una vita umile ma nonostante la povertà erano molto
organizzati, infatti ogni oggetto era costruito con razionalità
e rispondeva alla propria funzione.
Il casone era molto antico ma ben conservato nel tempo e non tanto rimaneggiato,
infatti hanno aggiunto solo una scala interna e delle mattonelle in cotto
per il pavimento.
Siamo rimasti sorpresi perché lambiente interno ed esterno
è rimasto praticamente uguale a quello di circa tre secoli fa.
Classe quinta, scuola elementare di
Chiarano
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