I casoni e la laguna visti da noi ragazzi

Il giorno 23 marzo, noi alunni delle classi quarte di Chiarano siamo andati a visitare i casoni e la laguna di Caorle , accompagnati dalle nostre maestre.
Lo scopo della nostra visita era quello di approfondire i nostri studi sulla flora e la fauna dell’ambiente lagunare .


Quella mattina, però noi ragazzi temevamo che non si andasse più in gita, perché pioveva e faceva freddo, il cielo era così scuro che sembrava dovesse scoppiare un forte temporale.
Comunque noi eravamo ben equipaggiati: indossavamo giubbotti pesanti, alcuni avevano il k. Waj, altri avevano portato con sé l’ombrello.

Entrati in aula, le maestre ci hanno comunicato che saremmo partiti lo stesso, nonostante il brutto tempo. Noi eravamo contenti, ma un po’ preoccupati, perché pensavamo di bagnarci tutti.


Verso le 8 e 10 siamo partiti con lo scuolabus più piccolo su cui si stava stretti, perché i sedili erano piccoli.
Durante il viaggio, ascoltavamo la musica, guardavamo il panorama fuori dai finestrini appannati poiché continuava a piovere, e chiacchieravamo.
Abbiamo visto molti campi di un bel verde brillante, coltivati a granoturco ed a frumento.
In mezzo ai campi c’era una grande azienda agricola e sulla parete centrale dell’abitazione c’era scritto, in grossi caratteri, “LA SALUTE”.
Ci siamo stupiti nel vedere un piccolo castello detto “castello di Brussa”, che si trova nella località omonima.
Dopo un’ora circa dalla partenza siamo arrivati a Valle Vecchia.


Qui ci ha accolti una guida di nome Emanuele, e ci ha portati nel “Centro di Educazione Naturalistica” di Valle Vecchia.
La guida ci ha fatto entrare. Quindi siamo accomodati in una saletta in cui era raffigurata la mappa della laguna.
Emanuele ci ha spiegato che Valle Vecchia è un’isola, che è stata bonificata prosciugando le acque che la coprivano, con le idrovore negli anni 60 e 70.
Ancora oggi, però ci sono delle paludi di acqua dolce abitate da germani reali e folaghe.
Valle Vecchia è estesa su una superficie di 870 ettari ed è riparata da una pineta costituita da pini domestici e da qualche pino marittimo che sono stati piantati anni fa, per arginare il terreno vicino al mare e riparare l’entroterra dal vento e dall’alta marea.
La guida ci ha spiegato che qui si possono osservare diversi tipi di vegetazione, che varia a causa di diversi fattori: il tipo di terreno, l’azione del vento e la salsedine.
Ci sono quindi zone con vegetazione di tipo: arboreo, arbustivo ed erbaceo.
Invece vicino al mare, dove l’acqua è salmastra crescono la salicornia, il limonio ed altre piante che sopravvivono assorbendo anche acqua salata.
Sulle dune spuntano piante di sparto pungente e lappole.
La guida ha proseguito la spiegazione dicendo che anche la fauna è condizionata dalle diversità dei vari ambienti che costituiscono questa zona.
Infatti qui vivono uccelli come: le garzette, i cavalieri d’Italia, i cormorani, le folaghe, il germano reale, gli aironi cenerini, il martin pescatore, i gabbiani, i falchi di palude, i gheppi,le gallinelle d’acqua. Si possono trovare inoltre: il biacco, le bisce tassellate, i tassi, le volpi.
Emanuele ci ha spiegato, che tempo fa, era stata portata a Valle Vecchia una coppia di daini. Questi si sono riprodotti e adesso ce ne sono tanti, perciò si sta cercando di portarli via, perché questo non è il loro ambiente naturale.
Usciti dal Centro di Educazione Naturalistica siamo partiti, con il pullman, lungo un percorso sterrato, con tante buche che ci facevano sobbalzare e ci sembrava di essere lungo una pista da cross.
Scesi dallo scuolabus, ci siamo incamminati verso i casoni lungo un sentiero ricoperto da un alto stato di sabbia color senape chiaro; qui si sprofondava e la sabbia ci entrava nelle scarpe.
Inoltre ci toccò mettere il cappuccio in testa, perché la pioggia, cadeva insistente; il vento ci soffiava contro a raffiche e…
sembrava volesse spingerci all’indietro!

 

Anche se era faticoso, noi ragazzi, con la guida che ci faceva strada e senza temere le intemperie, continuavamo a camminare, tutti raggruppati per proteggerci a vicenda.
Poi, siccome continuava a piovere e il vento non cessava, la guida ci propose di entrare nella pineta.
Così ci siamo incamminati senza uscire dal sentiero, perché ci aveva raccomandato di non calpestare il sottobosco.
Dopo un po’ un nostro compagno Gianluca ha trovato una pigna a forma di cono ed Emanuele ci spiegò che la pigna apparteneva ad un pino marittimo.
Così ci fermammo un po’ e la guida ci disse che i pini che vedevamo erano tutti pini da pinoli, ma aggiunse che chi li aveva piantati aveva fatto un errore, perché non erano i pini adatti a quell’ambiente.

Inoltre tutti quei pini erano coetanei, quindi avevano tutti la stessa altezza e le chiome ad ombrello erano così fitte che in mezzo non passava nemmeno un filo di luce. Infatti nel sottobosco non cresceva niente.
Il nostro autista ha scavato, con un piede, sotto i pini e la guida ci ha detto che il sottobosco era ricoperto da uno strato di aghi di pino, alto circa 20 centimetri.
Camminando nel sottobosco sentivamo un buon odore di resina, intenso.
Udivamo anche il rumore del mare e volevamo stare ancora un bel po’ nel bosco, perché lungo la riva c’era tanto vento.



Abbiamo anche raccolto alcune pigne cadute dai pini domestici, che hanno la forma globosa, perciò sembrano dei mappamondi con tanti spicchi di color marrone.
Ancora oggi, annusandone una, si sente l’aroma del sottobosco e ci viene voglia di tornare in quella pineta.


Ad un certo punto siamo usciti dalla pineta e ci siamo incamminati verso un canale, attorno al quale crescevano tante canne palustri.

La guida ci ha spiegato che le canne palustri possono raggiungere l’altezza di 3 metri, infatti ne ha raccolta una lunga dai tre ai quattro metri. Così abbiamo notato che lungo il fusto le canne hanno delle scanalature che permettono all’acqua piovana di scivolare giù facilmente.
Sulla loro punta, al termine del fusto, spunta un pennacchio di forma ovale, che è morbido al tatto, come un batuffolo di cotone. Questo è formato da tanti piumini di color marrone e grigio.
Basta toccare questi piumini, perché si stacchino e volino via.

Emanuele ci ha informati che le canne venivano utilizzate per costruire i casoni, perché intrecciandole strette non lasciano passare l’acqua piovana.
Alcuni bambini hanno preso delle canne da portare a scuola per osservarle meglio.
Quindi abbiamo proseguito il cammino verso i casoni.
Avvicinandoci al mare, il rumore delle onde diventava sempre più forte, infatti si intravedeva, in lontananza, il mare agitato.
Camminando lungo la battigia, abbiamo trovato tante immondizie: bottiglie di plastica, lattine, pezzi di ruote di gomma. Allora, la guida ci ha detto che quegli oggetti impiegano molto tempo a disintegrarsi, perciò, lui e dei suoi amici vanno spesso a ripulire quella spiaggia dai rifiuti. Poi, però, con l’alta marea ne arrivano altri, poiché vengono riversati in mare dai fiumi che bagnano anche i nostri paesi. Quindi ci ha fatto capire come sia importante rispettare l’ambiente in cui viviamo.

Per raggiungere i casoni abbiamo camminato un bel po’ sulla battigia, ma qui si sprofondava nella sabbia morbida, il vento soffiava ancora forte e si abbatteva contro di noi insieme alla pioggia. Avevamo tutti le mani gelate e violacee, tranne quelle di Karin che erano calde: “ Beata lei!”


Finalmente arrivammo a Punta Lunga dove c’erano tre casoni. Noi siamo entrati nel primo di cui era rimasto quasi soltanto lo scheletro.
Emanuele ci ha spiegato che i casoni erano adibiti ad abitazione, talvolta stagionale, ma spesso permanente dei pescatori che passavano molto tempo a pescare in laguna.
In quel casone si poteva osservare molto bene la struttura portante che era costituita da travi di castagno, quelle più grosse e verticali, mentre quelle orizzontali, più sottili, erano di salice. La pianta del casone era ovale ed aveva un’unica stanza. Le pareti erano inclinate, con il tetto spiovente, che arrivava fino al suolo. La copertura del tetti e delle pareti veniva fatta con tanti fasci di canna palustre legati stretti e sistemati in modo tale da far scivolare giù l’acqua piovana.

Ogni due o tre anni, i proprietari dovrebbero ricostruire il rivestimento dei loro casoni con nuove canne, poiché queste, con il passare del tempo si deteriorano.
La copertura del casone in cui siamo entrati era quasi completamente distrutta e forse è da molto tempo che non viene riparato.
Usciti dal primo casone abbiamo visitato gli altri due.

Ce n’era uno con una porta di legno chiusa con un lucchetto, perciò non si poteva entrare.
Questo casone era tutto rivestito di canne palustri ben legate tra loro ed era di proprietà privata.
A sinistra di questo ce n’era un altro, in ricostruzione, con il rivestimento abbastanza consumato, che dovrebbe essere ricostruito.

La guida ha aggiunto anche che, quando c’è l’alta marea, il primo casone che sorge sulla battigia può venire travolto dalle onde, oppure l’acqua del mare può trascinare via la sabbia che ne costituisce il pavimento e quindi farlo crollare.





Dopo aver osservato i casoni, siamo andati a vedere la vegetazione vicino alle barene
Emanuele però si accorse che c’era uno stormo di uccelli che volava sopra al mare e sulla riva di fronte a noi, ma erano lontani e con il brutto tempo non si vedevano bene .

Allora tirò fuori il binocolo per vederli meglio e li fece osservare anche a noi.
Egli ci disse che quelli uccelli grandi e neri erano cormorani, che hanno le zampe palmate e si nutrono di pesci, che riescono a pescare grazie al loro collo lungo e flessibile.


Abbiamo visto anche le garzette di colore bianco e nero che volavano sopra il mare.
Inoltre c’erano anche dei falchi di palude che erano atterrati sulla riva opposta.
Questi uccelli avevano il piumaggio di colore nero con tante sfumature di colore marrone.

Dopo aver girato lungo la battigia, Emanuele ci indicò uno stormo di cormorani, però ce n’era uno sopra ad un palo piantato nell’acqua. Stava così immobile che, guardandolo con il binocolo, sembrava imbalsamato, ma appena vide che gli altri suoi compagni stavano volando via, si lanciò in aria e se ne andò con loro.

Dopo esserci passati il binocolo di mano in mano, per vedere gli uccelli, abbiamo osservato delle piante che spuntavano sulle barene e che possono vivere su suoli fortemente salati, cioè vicino al mare.


C’ erano: il limonio e la salicornia.
Il limonio è un’ erba abbastanza alta, dai 10 ai 30 cm, con dei rametti pieni di foglie che assomigliano a quelle dell’ ulivo, ma di dimensioni più ridotte. Nella pagina inferiore di queste foglioline sembra ci siano dei bottoncini, in rilievo.

Appena spuntate sono di color verde oliva, ma quando si seccano diventano rossicce. Crescono raggruppate,a tre a tre,ai lati dell’esile fusticino. Le radici sembrano dei sottili, ma duri, laccetti di scarpe di color marrone.

 


La salicornia, invece sembra un mini-arbusto con molti rametti rugosi, sui quali, in questo periodo, spuntano delle specie di germogli tutti bucherellati.
I suoi rametti sembra che siano stati divisi in tanti pezzetti e poi riattaccati, uno sopra l’altro. Il suo colore naturale è il rosso, però quando si secca diventa marrone.
Un nostro compagno ha fatto una ricerca su questa piantina e ha detto che la salicornia contiene la vitamina C e che le sue proprietà erano conosciute già al tempo dei Vichinghi: “Dunque la salicornia è un’erba commestibile!”

Dalla battigia vedevamo anche degli isolotti in cui c’ erano diversi rifugi che vengono usati dai cacciatori quando vanno a caccia di anatre selvatiche.
Infatti i cacciatori si posizionano con la barca dentro a queste speciali cabine fatte di canne ma senza tetto. Usando delle sagome a forma di anatre o dei fischietti richiamano le anatre o i germani reali.
Quando questi uccelli sono abbastanza vicini sparano .
“Poverine”!!!

Furbi i cacciatori che hanno escogitato questo tranello, ma povere anatre!!!
Lasciatele in pace !!!

Poi abbiamo preso la strada del ritorno, ma dopo pochi passi ci siamo fermati ad osservare le piante che crescevano sulle dune sabbiose.
I due tipi di piante che abbiamo osservato in modo particolare erano lo sparto pungente e le lappole.
E’ molto diffuso lo sparto pungente che è una pianta tipica delle dune sabbiose.
Queste piante hanno delle radici lunghe e profonde che riescono perfino a trattenere la sabbia delle dune anche quando soffia forte il vento o quando c’è l’alta marea, che fa arrivare l’acqua oltre la battigia.
Hanno i fusti alti e dritti che sembrano tanti soldatini. Invece sono dei fusticini sottili, facili da spezzare, di colore brunastro, con macchioline giallastre. Le loro foglie sembrano fatte di paglia, perché sono quasi secche e filiformi, sono dello stesso colore del fusto.


Le lappole, invece hanno il fusto resistente e più grosso di colore marrone scuro; hanno poche foglie piccole e verdi e dei frutti simili a delle piccole pigne con tanti aghetti che pungono un po’.
Emanuele ci ha spiegato il modo curioso in cui si riproducono. Quando gli animali, come le lepri, passano vicino a queste piante, i frutti si attaccano al loro pelo, così essi li portano in giro senza accorgersi. Poi questi frutti perdono i semi e così nascono nuove piante in altre zone. Quando la guida ebbe terminato queste spiegazioni abbiamo ripreso il cammino, mangiando la merenda.
Intanto aveva quasi smesso di piovere.
Però non siamo tornati indietro per la stessa strada che avevamo percorso all’andata, ma abbiamo attraversato la pineta seguendo un altro sentiero.
Tornando indietro, siamo passati ancora in mezzo alla pineta ed abbiamo notato che molti pini domestici avevano i rami tutti secchi perché non arriva la luce del sole tra quelle chiome fitte.
La guida ci ha detto che si dovrebbero togliere dei pini domestici dove sono troppo fitti e sostituirli con delle piante tipiche di quella zona come: lecci, pioppi, salici e pini marittimi.
Usciti dalla pineta ci siamo avviati verso il pulmino e siamo saliti assieme alla nostra guida.
Dopo un breve tratto di strada sterrata, Emanuele è sceso e tutti noi l’abbiamo salutato e ringraziato.
Quindi siamo partiti con lo scuolabus per ritornare a scuola.
Durante il viaggio di ritorno alcuni di noi giocavano con i videogiochi, alcuni ascoltavano la musica ed altri osservavano il paesaggio.
All’improvviso è spuntato il sole e alcuni di noi hanno protestato dicendo :
- Uffa!!! Non poteva spuntare prima ?!! –
Infatti ci eravamo bagnati tutti ed eravamo ancora infreddoliti.
Arrivati a scuola, siamo saliti in classe e le maestre ci hanno distribuito gli opuscoli che ci aveva regalato la guida.
Noi bambini delle classi quarte abbiamo pensato che, anche se era stata una gita faticosa avevamo vissuto un’ esperienza molto interessante, perché abbiamo scoperto cose nuove che prima non conoscevamo.


Classi IV A e IV B, scuola elementare di Chiarano